Antonio Simon Mossa nel 1956 scriveva: “La Sardegna è veramente un’isola sconosciuta.
Ma, innanzi tutto, è sconosciuta agli stessi sardi che, per una abitudine direi quasi “scolastica”, fin da fanciulli ignorano la propria terra e fanno a gara per disprezzarla. Perché si deve cominciare dal di dentro. Si deve avere una coscienza turistica. Si deve comprendere, una volta per tutte, che il turismo .. potrebbe diventare una industria redditizia e con riflessi socialmente positivi inimmaginabili.”
Credo che dobbiamo partire da queste considerazioni se vogliamo accendere un faro sull’attuale situazione in cui versa la Sardegna a proposito del turismo.
Sono passati 64 anni dall’articolo di Simon Mossa e la Sardegna si ritrova a ricercare le soluzioni per mitigare il disastro provocato dalla epidemia Covid-19 che sta colpendo e abbattendo i modelli economici e abitudinari della società.
Dal punto di vista imprenditoriale emerge in tutta la sua gravità il quadro che mostra l’offerta turistica sbilanciata eccessivamente sul balneare manifestando una forte ritrosia per le altre declinazioni collegate alla voce TURISMO.
Non aver diversificato l’offerta turistica offrendo una cornice di prodotti e offerte che abbracciassero tutto il territorio, oggi mostra tutta la sua pericolosità e minaccia l’intero comparto del ricettivo alberghiero che rischia più di tutti.
In termini imprenditoriali diremmo che bisognava “diversificare” valorizzando certamente la principale ricchezza che proviene dall’attrattività delle nostre spiagge ma con buon senso affiancandola con le altre declinazioni del turismo che rimangono una eccellenza di unicità nello scenario mediterraneo.
Ora è inutile piangere sul latte versato e in tempo di Covid-19 è indispensabile ripensare il modello che ha degenerato il valore del turismo così come lo vediamo. Ci serve irrobustire da subito una formula diversa, comprensiva, partecipata, integrata con il territorio.
È chiaro a tutti che con gli slogan non si governa. Abbiamo necessità di politiche per il turismo capaci di includere ogni forma di attività umana che lavora per valorizzarlo in tutte le sue forme e specificità evitando un classismo feudale che brucia energia e favorisce scompensi sociali che alimentano il contrasto togliendo il futuro ai nostri giovani.
Spero che si capisca, o meglio che lo capiscano soprattutto i politici e i media, che avvelenare continuamente il pozzo non porta giovamento a nessuno. Neanche nel turismo.
Gli errori o, meglio, le azioni di convenienza le abbiamo viste con tutti gli assessori regionali al turismo, compreso l’ultimo.
La Regione ha erogato molti soldi alle società di gestione aeroportuale per stimolare i vettori aerei incentivandoli a volare verso la Sardegna anche durante le stagioni autunno, inverno, primavera.
L’azione di promozione messa in atto dall’assessora Argiolas, in quota al PD nella precedente Giunta, per promuovere il traffico aereo low cost è stata sicuramente importante. Peccato che il prodotto turistico fosse scarso o mancante, soprattutto quello dell’interno della regione.
Ma allora chi si è giovato dei passeggeri movimentati grazie agli incentivi regionali?
Sicuramente i sardi per una buona percentuale (stimata intorno al 45%) e il resto dai passeggeri esteri. Ma soprattutto una volta che atterravano a Cagliari che cosa potevano visitare?
La risposta ce la da il portale Airdna.co che in modo puntuale ci restituisce un quadro abbastanza chiaro che mostra una forte crescita su Cagliari nel 2018/2019 e pochissimo nelle aree interne della Sardegna. Quindi possiamo dire che la destazionalizzazione un tanto al chilo non ha alimentato i canali del turismo verso l’interno che sono rimasti al palo come sempre. Qualche esperto di politica sicuramente potrà fornire una lettura interessante di questa strategia.
Eppure non possiamo dire che la Sardegna non presenti elementi di grande interesse per elaborare un prodotto maturo e intrigante collegato al territorio che dista dal mare anche pochi chilometri. Non condivido neanche l’affermazione che è il turista a privilegiare nelle sue scelte il balneare. Dipende sempre da che cosa gli proponi. Sono invece certo che il turista non è reso edotto di quello che può offrirgli la Sardegna che vanta una presenza significativa già 1800 anni a.C.
Di questo convincimento ne ho riprova perché durante una indagine su un campione di 300 personas sentite per il progetto SardegnaTurismo.it è emerso al primo posto la cultura e tradizioni della popolazione locale. Quindi è evidente che il luogo comune che il turista ricerca solo il mare è un falso. Possiamo dire che vuole solo il mare perché gli facciamo vedere solo quello e quindi si accontenta!
Questa strategia miope e contorta ha portato la Sardegna a non poter concorrere sugli altri temi di interesse collegati al turismo attivo, culturale, enogastronomico, giusto per citarne tre.
Penso anche che la colpa di tutto questo è dovuta proprio a noi sardi perché, come affermava Simon Mossa nel 1956, i primi a non amare la Sardegna, spesso, sono proprio i sardi facendo il gioco facile di chi opera in totale distonia con la nostra identità.
Leggendo e ascoltando gli interventi di vari operatori turistici rimango sorpreso della loro inconsapevolezza sulle reali motivazioni che oggi aggravano la situazione in cui si sta dirigendo il comparto del turismo. Sfugge, a mio avviso, la reale portata dei fatti storici e della realtà che è riconducibile al mancato piano di sviluppo integrato del territorio, di cui il turismo è attore principale di riscontro per creare benessere diffuso.
Negli ultimi cinquant'anni è stato dato più valore alla spremuta del turista che al suo benessere culturale. Sì è preferito accontentarsi di trattare passivamente gli ospiti inviati dai Tour operator, tramite i vettori aerei e navali, piuttosto che contaminarli della nostra cultura.
Il più bel mare dai colori caraibici come recita un testo presente sul portale Sardegnaturismo.it non basta più per attrarre i turisti. La situazione stava già cambiando negli ultimi anni perché il balneare, seppure rappresenti la principale voce dell’accoglienza, stava risentendo della concorrenza di altre destinazioni. Ma questo è proprio il segnale di debolezza dell’offerta turistica sarda. Basta sentire che cosa ha detto il responsabile del turismo spagnolo in Italia in una intervista al TTG per venire a conoscenza che Malaga non ha risentito minimamente della concorrenza dei mercati nord africani perché ha sviluppato un’offerta integrata con il territorio dell’interno.
Covid-19 ha solo accelerato la crisi del turismo proiettando un’ombra sul futuro delle imprese. Temo che sconteremo pesantemente la miopia e una certa arroganza che è presente in tanti ragionamenti portati avanti dalle associazioni di categoria.
È stato concesso a pochi di gestire e orientare la più importante area economica della Sardegna rimasta ancora interessante. E qui spezzo una lancia a favore dell’assessore Gianni Chessa che a parole mostra di aver capito anche se non trova il coraggio e la strada per costruire un progetto adeguato e capace di creare reale prosperità anziché precarietà.
Chissà che colga la sfida!
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