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Immagine del redattoreSandro Usai

TURISMO. La nuova catena del valore.


Foto di piviso da Pixabay

Man mano che prendiamo consapevolezza della gravità della situazione creata dal Covid-19 il Paese si mostra sempre più fragile, impreparato e colpito profondamente.


La mancanza di liquidità in cui versano tantissime famiglie e imprese aggrava la situazione e anticipa uno scenario davvero preoccupante per il futuro degli italiani.

Anche gli aiuti annunciati dallo Stato, e forse in via di erogazione, ci confermano che la situazione è confusa a livello politico.


Tra poco, con il crescere delle difficoltà oggettive in cui si troveranno milioni di persone penso che anche il favore dei sondaggi che sostiene Conte si invertirà aumentando la curva della sfiducia e favorendo atteggiamenti di disagio sociale.


Davanti alla catastrofe che stiamo vivendo - di cui solo una parte è dovuta al Covid-19 e un’altra, più grave, dovuta alla inconsistenza delle Istituzioni - tutti i componenti della catena del valore della nostra vita sono stati ridimensionati.


Abbiamo vissuto, sino a 40 giorni fa, in un ecosistema di valori veri e finti che comunque sembravano sostenersi a vicenda stralciando la debolezza che spesso li accompagna rispetto alla realtà che ci circonda.


Il bastardissimo Mr. Covid-19 ha riportato molti di quei valori al livelli base schiacciandoli con la forza della paura per la nostra salute e dell’incertezza economica.


I tanti servizi che stanno subendo il tracollo in questo momento si trascineranno dietro l’economia su cui avevamo basato la nostra vita e i nostri comportamenti e ci porterà anche molte sofferenze conseguenti alla difficoltà di intraprendere con tempestività nuovi percorsi professionali capaci di creare un reddito dignitoso.


Tra le tante filiere toccate pesantemente dall’epidemia c’è sicuramente il Turismo che per l’Italia vale il 13% del PIL pari a 230 miliardi di euro. Una cifra enorme che in questo momento è messa in gioco dal lockdown.


In questi giorni sta emergendo con maggiore chiarezza che la stagione estiva 2020 non potrà essere vissuta pienamente per via delle restrizioni e distanziamenti sociali che sono proprio l’antitesi del modo con cui abbiamo vissuto il turismo sino a febbraio scorso.


A parte i tecnicismi necessari per rispettare le normative nazionali del distanziamento sociale è evidente che stiamo andando incontro ad un’altra catena del valore del turismo non solo per la modifica della fruizione dei servizi ma soprattutto per i risvolti sociali.

E proprio l’aspetto sociale, man mano che emergerà sempre più chiaramente, sarà la vera causa del ridimensionamento del sentimento collegato alla gioia e felicità di essere turista, di viaggiare, conoscere luoghi e persone, usi e costumi.


In un mese è stato spazzato via il turismo esperienziale basato sulla forza della relazione e della cultura e tradizione dei luoghi. Anche i modelli operativi basati sul modello di DMO (Destination Management Organization) si ritrovano svuotate della componente della popolazione residente indispensabile per il successo di quel modello.

Senza la popolazione residente nella destinazione turistica di fatto non si può più parlare di DMO perché viene meno il presupposto di sviluppo della Destinazione! Almeno per la Sardegna!


Se cambiano i presupposti cambierà anche il gusto collegato a quel viaggio che andrà accompagnato da buone tecniche di marketing e comunicazione per colmare quella parte che si dovrà vivere con le nuove forme.


A breve sicuramente i teorici dei modelli di sviluppo territoriale dovranno elaborare nuove formule, schemi e impianti logici per ricreare la catena del valore nel turismo. Magari manterranno anche gli stessi nomi ma il loro funzionamento sarà alquanto diverso rispetto a quello attuale.


Anche l’utilizzo di parole di origine markettara che vogliono richiamare uno stato d’animo collegato al luogo definito “Sicuro” rischiano di non portare proprio fortuna nell’elaborazione collettiva perché si antepongono a “Insicura” creando uno spartiacque tra le due modalità che in molti casi non esiste. Associare la sicurezza alle modalità di fruizione di un luogo forse potrebbe essere una forzatura anche controproducente.


Dobbiamo attendere di conoscere le misure raccomandate e quelle obbligatorie per il mantenimento delle regole. Nel caso che le seconde diventino preponderanti per la fruizione di una vacanza Sicura vuol dire che stiamo assistendo alla blindatura dello spazio turistico (spiaggia, teatro, ristorante, museo, etc) che indurrà a rinunciare, seppur momentaneamente a fruire di una vacanza.


Ecco perché concordo con molti osservatori che la stagione 2020 è compromessa e poco dobbiamo aspettarci in termini di presenze e movimenti.

L’assenza di presenze turistiche porterà un danno diretto al comparto ricettivo alberghiero e extra alberghiero. Anche la declinazione del turismo di prossimità mi sembra più la vecchia “gita” che una vera e propria vacanza.


Per la Sardegna poi è praticamente impossibile pensare che il turismo di prossimità, fruito nei nostri Borghi, si trasformi in un flusso turistico. Piuttosto potrà essere rappresentato dal movimento di persone che proprio per mantenere il distanziamento sociale le potremo contare in una mano se riferite a spazi ridotti come i borghi.


Insomma come la giri la giri il turismo è un’attività sociale che ha necessità di spazi e luoghi di condivisione con la natura, ambiente e con le persone che siano residente o meno. Senza queste condizioni forse non potremo più chiamarlo Turismo.


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