Tra mito e leggenda le Janas abitano la Sardegna da millenni.
Non se ne sono mai andate. Vivono tra noi e osservano le mutazioni dei tempi incuriosite di capire dove vogliamo andare.
Pochi giorni fa Martha Friel, durante la puntata radiofonica DONNEinTURISMO, dedicata al turismo digitale, ha detto: "La Sardegna ha tutto".
(Qui il link alla puntata andata in onda su Iceberg on air)
Confesso che per un attimo mi sono sentito felice, ricco, spensierato, pieno di gioia. D'altronde è aspirazione di tutti migliorarsi costantemente e quando scopri che hai tutto allora è il momento di gioire, cantare e dedicarsi al prossimo per contagiargli il sorriso e la positività.
Trallalera, leraleralalera. Trallalera, lairelelirelà.
Ma si sa, i sogni durano poco e poi torna il silenzio nel tran tran quotidiano che smorza la voglia di sorridere e guardare fiduciosi al futuro.
Se la Sardegna ha tutto e io non me ne posso giovare vuol dire che qualcuno me lo sta nascondendo? Oppure, questa terra è abitata da Janas che anziché volgere lo sguardo fiero davanti a loro preferiscono inclinare la testa e lasciare andare lo sguardo altrove nella finta ricerca dei suoni antichi creati dalle canne che richiamavano i ritmi della festa?
E chi potrebbe ordire un siffatto disegno per abbattere la voglia di vivere e di svilupparsi di un popolo che da secoli è ansioso di ritrovare la forza messianica che li ha resi importanti agli occhi dei Faraoni egizi?
Mi chiedo se una forza estranea si è impadronita del timone della storia e vuole incidere nella vita degli abitanti della Sardegna dimenticandosi dei fasti culturali da cui proveniamo e tentando di scambiare il vino con l’aceto, la vita reale con i feticci moderni avariati di globalismo, la nostra storia con la loro storia.
La Sardegna ha tutto. Trallalera, leraleralalera. Trallalera, lairelelirelà.
Ho interpellato il saggio del paese e gli ho chiesto: Babbai ma è berusu ca teneus tottu e non si manca nudda?
Babbai mi ha guardato fisso negli occhi, poi ha guardato verso la collina indicandomi un sentiero che correva vicino al fiume e saliva sino al nuraghe del paese.
Ma Babbai ci sono andato mille volte al nuraghe.
E lui: Torra a andare e firmadì una die.
Oggi ho capito che la Sardegna ha tutto se saprà ripartire dall'identità, dalla storia, dall'ambiente, dalla cultura.
Abbiamo costruito nei millenni gli elementi che contraddistinguono la sardità che come il lievito madre va continuamente rigenerato e rinfrescato, proteggendolo con amorevolezza e custodendolo da mani indegne e farisee.
Assistiamo a fatti animati dall'eccitazione e dal tentativo di farci assomigliare a uno stereotipo basato sulla globalizzazione culturale diméntichi che nel mondo i sardi mostrano la loro autenticità indicando la strada della modernità innestata nei valori distintivi del nostro popolo. Se volete un esempio potete dare uno sguardo ai lavori di Mara Damiani.
Nel mondo ci riconoscono un patrimonio genetico-culturale unico che porta tutti a dire “Quello è sardo” e noi ad affermare “Deo seo sardu”.
E allora dobbiamo chiederci: “Come mai in Sardegna abbiamo un tasso di abbandono scolastico elevato e un reddito basso. Abbiamo tutto ma viviamo in povertà culturale e materiale”.
A molti politici e amministratori suggerisco di chiedere ai loro Babbai quale direzione prendere al bivio per il Futuro. Dalle loro decisioni dipende in buona parte il destino di molte famiglie.
Io, in compagnia di tante Janas buone, sono salito al monte di Gonare e ho capito che la Sardegna può diventare il fulcro dello sviluppo nel Mediterraneo in piena armonia con i principi della sostenibilità e del rispetto.
Il 2 giugno è la Giornata mondiale del turismo responsabile e rispettoso. Dedichiamo un po' di attenzione al tema perché il futuro sta diventando sempre più presente.
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