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L'aeroporto di Cagliari come termometro dell'economia del Sud

  • Immagine del redattore: Sandro Usai
    Sandro Usai
  • 8 ore fa
  • Tempo di lettura: 2 min
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I primi segnali di difficoltà erano già emersi lo scorso anno. Nel 2025, la situazione del traffico passeggeri nazionali e internazionali dell’aeroporto di Cagliari è diventata ancora più evidente. I dati – che ho pubblicato nel mio profilo Facebook – mostrano chiaramente come la crescita del traffico a Cagliari non tenga il passo con quella degli altri due scali sardi, Olbia e Alghero.


È come se l’aeroporto di Cagliari si accontentasse di “galleggiare”: non cresce, non destagionalizza e non intercetta nuove opportunità.


Naturalmente, l’aeroporto non può essere l’unica causa di questi numeri deludenti. I movimenti e il traffico passeggeri aumentano solo se, a una buona politica di sviluppo aeroportuale, si affianca una vera strategia di crescita del territorio.


Se il territorio diventa attrattivo, le compagnie aeree rilevano la domanda e programmano più voli. Al contrario, se l’area rimane stagnante, i vettori valutano alternative per migliorare il **load factor** e le **entrate per passeggero**.


L’aeroporto di Cagliari serve un bacino d’utenza di quasi un milione di residenti. Le mappe delle isocrone – che misurano la distanza in termini di tempo o chilometri – mostrano chiaramente l’area di interesse entro i 100 km dallo scalo. La fascia entro i 40 km, che coincide con la porzione di territorio dal PIL più elevato, non sembra tuttavia esprimere una domanda sufficiente a trainare la crescita dell’aeroporto.


Un tempo, il turismo era un indicatore chiave: da giugno a settembre, l’aumento del traffico passeggeri coincideva con l’arrivo dei turisti. Oggi, quella correlazione sembra indebolita. I visitatori nel Sud Sardegna non mancano, ma i numeri del traffico aereo restano fermi.


Se le ipotesi che ho già avanzato sui flussi turistici venissero confermate, potremmo registrare una tenuta complessiva delle presenze, con un peso crescente dei cosiddetti “arrivi nomadici” provenienti dal Nord Sardegna.


Nel frattempo, Olbia si sta affermando come la nuova porta d’ingresso dell’isola: il suo aeroporto cresce rapidamente, mentre il porto guida le classifiche del traffico passeggeri.


I dati confermano che i vettori scelgono sempre più Olbia come hub di riferimento. Per i viaggiatori internazionali, atterrare lì è più conveniente: maggiori frequenze, costi competitivi e un brand – quello della Gallura – sempre più centrale nei desideri dei turisti europei.


Senza una politica seria di sviluppo, che integri promozione turistica e programmazione con tutti gli operatori del settore, il Sud Sardegna rischia di restare indietro. Diversamente dagli scali del Nord, Cagliari non riuscirà ad ampliare la curva del traffico passeggeri, né a distribuirla in maniera più uniforme durante l’anno.


Dobbiamo chiederci se il Sud Sardegna stia attraversando una crisi strutturale. Ignorare i segnali significherebbe condannare il territorio a un impoverimento progressivo: un milione di residenti non basta a sostenere lo sviluppo se non viaggiano, né generano la domanda necessaria a convincere i vettori che qui ci sono opportunità reali.


Infine, rimane aperto un interrogativo: la presenza dell’aeroporto militare di Decimomannu potrebbe, in qualche misura, limitare lo sviluppo dell’aeroporto di Cagliari?








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