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Immagine del redattoreSandro Usai

IL TURISTA È MIO E LO GESTISCO IO


Giardino sonoro di Pinuccio Sciola

TURISMI a confronto

Sarà il periodo o la voglia di tornare protagonisti del nostro futuro ma sta di fatto che sento innalzarsi nel territorio isolano molte voci che reclamano un modello di sviluppo turistico diverso, più inclusivo delle popolazioni residenti, più rispettoso. Insomma SOSTENIBILE.


Allora ho provato a indagare come si comporta il turista in Sardegna cercando di capire il fenomeno dal punto di vista numerico. Vediamo che cosa è emerso!


La ripartizione del flusso turistico

La infografica mostra, con evidenza, che il periodo che va da maggio a settembre rappresenta il 88% delle presenze totali (dati SIRED 2019).

La ricettività alberghiera rimane la preferita dal turista che sceglie la Sardegna, almeno stando alla rilevazione ufficiale.



La conferma della tendenza delle scelte verso il ricettivo alberghiero si mantiene anche durante gli altri periodi dell’anno nonostante la chiusura degli hotel stagionali..


L’altro dato interessante che emerge dall’analisi è che la scelta dei Comuni costieri (territorio) pesa per il 90% rispetto al totale 2019 di 15.864.566 presenze.


Partendo da questi dati diventa interessante provare a capire quali forme di turismi si possono sviluppare nei territori dell’interno dell’isola, tenuto conto dello sbilanciamento delle presenze evidenziato nella infografica.


I turismi di una Sardegna minore

I dati ufficiali forniti dal Sired ci evidenziano che la quota rimanente di presenze rispetto a quanto esprimono i Comuni costieri è davvero esigua e incapace di assumere un ruolo propulsivo del turismo nei territori già a partire da pochi chilometri dalla costa. Questo significa che in queste aree le attività turistiche collegate all’offerta del territorio non monetizzano in termini di presenze per la mancanza, spesso, di attrattive e di strutture ricettive.

Dall’esame più attento dei dati si può affermare che i territori che sono toccati poco dal fenomeno turistico sono tutti quelli che distano anche pochi chilometri dalle coste. È come che si sia creato un cordone che attrae i turisti per le bellezze del mare aprendo un solco naturale alle spalle. Il fenomeno è molto interessante perché ci fa pensare che la Sardegna, evidentemente, manca di appeal oltre l’attrattiva marino-balneare. Oppure che quella parte dell’isola non abbia mai saputo organizzarsi per competere o, peggio, non abbia ricevuto la stessa attenzione delle nostre spiagge mancando di essere promossa adeguatamente.


I dati ci dicono che il turista seppur volesse soggiornare nei nostri paesi dell’interno, nella maggior parte dei casi non può a causa della mancanza di strutture ricettive. Accade pertanto che il viaggiatore dopo aver fatto un’escursione deve tornare verso la costa o il Comune che offre servizi ricettivi adeguati.


Un esempio interessante ci viene da Mamoiada che ha registrato 751 presenze turistiche su 11 strutture extra alberghiere (dati www.iun.gov.it) e 26.000 visitatori del Museo delle Maschere. Peccato che non abbia saputo monetizzare il grande lavoro svolto dal sistema museale.

Poi c’è Castelsardo che ha una performance del 75% nel rapporto visitatori del borgo/presenze turistiche posizionandosi tra le eccellenze. Mi sembra un successo importante e un esempio da studiare se vogliamo migliorarci.


E ancora voglio citare il caso interessante di Oliena. Questo centro incastonato ai piedi di Monte Corrasi ha iniziato a pensare al turismo nel 1967 quando Peppeddu Palimodde ha avviato il ristorante Su Gologone. Oggi la struttura ha 70 stanze arredate con arte sarda raffinata e preziosa che la pone all’apice tra le strutture ricettive.


Il problema della scarsità di posti letto e di strutture ricettive anche nei Comuni adiacenti alle località a forte attrattiva marino-balneare conferma, a parte le pochissime eccezioni, la teoria del cordone territoriale generato dai Comuni costieri. Il fenomeno diventa ancora più evidente e preoccupante man mano che ci allontaniamo dalle località di mare.


La mancata monetizzazione del servizio di accommodation e, a volte, di ristorazione, induce nei territori (non costieri) una perdita economica del 40%-50% (dati Banca d’Italia) della spesa giornaliera del turista.

Eppure sono certo che molte zone dell’interno sono in grado di competere con le aree costiere se mettono al centro del bisogno di vacanza gli elementi culturali, storici, enogastronomici che li caratterizzano (vedi Oliena)


Sempre dallo studio della Banca d’Italia è possibile rilevare che la spesa per motivazioni di vacanze culturali e in città d’arte vale il 57,4% sul totale. Quella balneare vale il 23,8%.




Questo dato ci dice che la Sardegna sta rinunciando a competere nella motivazione più importante che anima la vacanza.

È interessante chiedersi il motivo e da chi dipende!


Infatti nonostante la Sardegna vanti un patrimonio archeologico di sicuro interesse, una storia millenaria, per non parlare del patrimonio botanico e enogastronomico, i turisti vengono in Sardegna per il balneare.

Basterebbe chiedere a due esperti quali il prof. Gianluigi Bacchetta e alla prof.ssa Alessandra Guigoni per farsi un'idea.


È evidente che c’è qualcosa che non torna. Per capire le cause, secondo me, bisogna tornare, per un attimo, indietro negli anni.


Il turismo nell’isola ha iniziato a svilupparsi a partire dai primi anni '60 con l'arrivo del principe ismaelita Karim Aga Khan che ha avviato la costruzione della Costa Smeralda rendendo la Sardegna un luogo conosciuto ai VIP. Ancora oggi il brand della Costa Smeralda, stimato con il metodo “Competitive Identity” di Simon Anholt, vale 1,5miliardi di Euro.


Nei primi anni settanta la Sardegna ha visto l'espandersi del turismo e la nascita di molte strutture ricettive di grande prestigio che ancora oggi risultano blasonate nel mondo. Sulla spinta del turismo marino-balneare gli investimenti immobiliari destinati al ricettivo sono proseguiti sino ai giorni nostri. L’ultimo progetto per una nuova struttura ricettiva, che doveva nascere nel territorio di Castiadas, è stato bloccato qualche settimana fa dal Presidente Solinas per via del momento storico molto delicato e particolare!


Questo conferma che la formula turista-mare mantiene un posizionamento importante per la Sardegna. E meno male aggiungo io seppur con tutti i se e i ma del caso!


Con l’arrivo del digitale e con la creazione delle piattaforme di intermediazione il turista è stato travolto dai nuovi modelli commerciali che hanno fagocitato le Agenzie di Viaggi e i Tour Operator. Una concorrenza impossibile da battere che ha obbligato molte strutture ricettive a rivolgersi a queste piattaforme digitali per ottenere prenotazioni. Naturalmente pagando una fee media del 20% sui prezzi di vendita esposto sulla vetrina digitale.


Eppure la rivoluzione digitale, che ha cambiato i modi di prenotare e ha inciso nella scelta della Destinazione per le vacanze, sembra che abbia insegnato poco.

Ricorrere alle piattaforme digitali di vendita ha fatto sì che il turista che arriva in struttura diventa ancora più importante dal punto di vista della capacità di spendita. È naturale che l'albergatore diventi geloso del suo ospite e operi una sorta di protezione affinché possa ottenere il profitto più alto per ogni presenza.


È solo così che mi spiego il motivo perché molti albergatori non sono disponibili a cedere la loro sovranità sul turista ospite a favore di una esperienza esterna alla struttura.

Naturalmente non li giustifico ma li capisco!


Tutto questo nel tempo ha generato il mostro che vediamo: la concorrenza di altre Destinazioni turistiche marino-balneari che si stanno affacciando con forza e, a volte con arroganza, offrendo servizi competitivi per qualità e per prezzo inducendo una situazione di enorme criticità nel comparto ricettivo isolano basato sul mono-prodotto balneare.


Se la Regione fosse stata più lungimirante in questi anni e avesse davvero investito in un modello integrato di turismo, avrebbe creato le condizioni per un’offerta globale in linea con il Verbo più volte dichiarato di DESTINAZIONE SARDEGNA. Avrebbe così potuto contrastare i mercati emergenti che competono sul prodotto marino-balneare preparando il carrello dell’offerta con tantissimi prodotti esperienziali custoditi soprattutto in quei territori che, proprio perché distanti dai grandi centri urbani, sono ancora autentici e preservati.

Invece come si vede dalla infografica l’attuale sistema turistico è totalmente sbilanciato verso il marino-balneare che senza la collaborazione degli albergatori (visto che hanno il maggior numero di presenze) non potrà mai prevedere un cambio della linea d’azione includendo vantaggiosamente anche altri territori che conservano la loro autenticità e sono in grado di rafforzare l’offerta turistica regionale ampliandola e fidelizzando il turista.


Se invece continueremo a ritenere che i prodotti turistici offerti dagli altri territori rappresentino una minaccia per i ricavi delle strutture ricettive presenti nelle coste anziché ritenerli un valore aggiunto che completa e rafforza la Destinazione Sardegna, allora credo che subiremo sempre di più la pressione dei mercati turistici emergenti e di quelli che si stanno riposizionando dopo che hanno compreso la lezione che senza il territorio che ti accompagna e ti protegge diventi più debole nelle battaglie commerciali.


Il turismo balneare percepisce le offerte di altri turismi come fortini isolati anziché come una opportunità per fidelizzare il cliente. Lo stesso punto di vista degli albergatori ce l’hanno anche molti sindaci dei Comuni costieri che si autoproclamano luoghi di destinazione turistica costituendo DMO totalmente inconsistenti e, a volte, pure dannose per il loro territorio e per la DESTINAZIONE SARDEGNA.

Vero è che, a parziale giustificazione di questo comportamento, la Regione Sardegna, con il suo assessore regionale al turismo, ha cassato il modello di DMO che aveva in mente la Giunta Pigliaru (meno male!) ma ad oggi non ha ancora avanzato un’alternativa capace di avviare un minimo di Governance regionale. Forse l'assessore Chessa pensa, presuntuosamente, che basta lui per dettare le linee di sviluppo per il turismo.


Per decenni la Sardegna ha subìto l'azione delle politiche commerciale dei grandi Tour operator che avendo a cuore solo il loro tornaconto economico hanno creato dei veri modelli di business capaci di omologarci ad altri luoghi, assegnandoci un codice prodotto da catalogo e limitando l'offerta all'unica proposta utile per loro. Tutto questo con il beneplacito della politica regionale e locale e l’omertà degli albergatori che hanno praticato la desistenza commerciale.


È così che la Sardegna è diventata il terminale di un'azione commerciale messa in atto dai grandi Gruppi e che, in modo spregiudicato, ci ha utilizzato per i suoi scopi estraendo quello che più gli conveniva e restituendoci un valore del PIL (13% compreso l'indotto) che sembra rendere felici i governanti poco ambiziosi e con scarsa consapevolezza del potenziale turistico dell'Isola.

Ancora una volta la mancanza di politiche per il turismo ha avvantaggiato gli estranei (con la complicità di molti soggetti locali) che hanno portato e diffuso modelli utilitaristici contrari allo sviluppo, seppur differenziato, di tutta l'isola e che avrebbe potuto creare un ecosistema capace di elevare il PIL regionale a favore di una maggiore prosperità dei sardi.


Se potevamo incidere nell'offerta turistica quando eravamo ambìti nei mercati, oggi diventa più complicato anche a causa della manifesta incompetenza che emerge dall’azione politica che sembra che non sia in grado di cogliere il cambiamento epocale preferendo inseguire le rappresentazioni plastiche delle gustose realtà che raccontano le Conf… di turno, rinunciando ad assumere un ruolo guida per il futuro del turismo nell'isola.


È con questo scenario, desolatamente reale quanto dannoso per la Sardegna, che l'interno dell'isola sta tentando in tutti i modi di non soccombere reinventandosi e puntando a creare nicchie di prodotti e offerte turistiche basate sulle attrattive culturali di cui è custode da millenni.


Più si analizzano i dati e più è evidente la contraddizione con cui ha agito la Regione in questi decenni nella impostazione delle campagne promozionali e di comunicazione sbilanciate sempre a favore del marino-balneare.

Ecco perché fanno bene molti sindaci e le piccole imprese locali presenti nei territori dell'interno ad esigere il riconoscimento di esistere e di contare.


Il turismo balneare e il ricettivo alberghiero hanno potuto contare sugli investimenti fatti dalla Regione per supportare la Destinazione Sardegna (costiera).


I territori interni invece hanno ricevuto le briciole e devono combattere anche per garantirsi l'accesso al sistema viario visti i tratti di strada ancora inagibili che precludono ogni tipo di sviluppo turistico.

Le piccole comunità lottano da sempre per liberarsi dal giogo dell'assistenzialismo nel tentativo di riscattarsi e mantenere la dignità e la libertà.


Fatto questo lungo, ma indispensabile, cappello per capire la dinamica socio-economica che ha creato due Sardegne dal punto di vista turistico possiamo proseguire con la riflessione.



IL CORDONE DELLE COSTE

Vista la condizione di vantaggio che caratterizza la fascia costiera dobbiamo chiederci quali turismi possiamo ipotizzare per il restante territorio isolano?


In questo momento propendo per investire e lavorare, inizialmente, con i territori che hanno la possibilità di esprimere in modo integrato la potenzialità turistica.


Bisogna partire dall’elaborazione della messa a punto dei processi di co-creazione di valore coinvolgendo le comunità locali che sono i veri custodi di molte tradizioni tramandate e interessanti per i turisti che amano conoscere e vivere i luoghi dove trascorrono le vacanze.

Per testare i processi di creazione del prodotto turistico è necessario poter contare sulla presenza di un campione significativo di turisti spinti da un reale interesse per vivere un’esperienza di connessione con i residenti e con i luoghi.


La connessione viva e digitale tra persone rimane il modo più adeguato per studiare le impronte che ognuno di noi lascia ogniqualvolta svolgiamo un’Azione turistica.

Se le comunità sapranno aumentare il valore dell’offerta turistica potremo lavorare per creare le condizioni tecniche di avviare soluzioni di ricettività e ristorazione recuperando una ulteriore fetta della capacità di spendita del turista.


Il lavoro da mettere in atto quanto prima potrebbe anche dimostrare che molti territori sono poco inclini a ospitare turisti a flusso continuo ovvero non posseggono elementi di turisticità interessanti per essere inseriti nel percorso commerciale indispensabile per gli operatori turistici che devono promuovere le offerte.


Mi vengono in mente, per iniziare, alcune aree dell’Ogliastra, i distretti di Tempio e del Parteolla.


L’Ogliastra con il suo enorme patrimonio ambientale e enogastronomico che la fa primeggiare tra tutti. Il distretto tempiese che grazie ad un impegno ultradecennale ha saputo creare un’attrattiva interessante sulla filiera del vermentino, latte e formaggio e culturale. Il Parteolla che mantiene un primato ambientale e di filiera del vino, dell’olio e dei formaggi che la pongono ai primi posti come complesso territoriale organizzato.

Già se riuscissimo a sviluppare un progetto di marketing territoriale iniziando da questi tre territori potremo verificare la percorribilità e sostenibilità dell’iniziativa.


Partendo da questi territori è già possibile individuare i seguenti turismi praticabili e da incentivare.



Queste forme di turismi possono essere promossi singolarmente e autonomamente oppure integrati con il turismo balneare.

La lungimiranza dell’azione politica di sviluppo integrato del territorio ci suggerirebbe di presentare i turismi fruibili nei territori indicati in precedenza come gli elementi caratterizzanti l’offerta della Destinazione Sardegna.


Per passare alla fase pratica e concreta è necessario che sotto la regia della DMO Regionale, a Chessa piacendo, i territori avviino l’attività di verifica degli indici di turisticità indispensabili per la creazione del prodotto e offerta turistica.


Mi viene da dire che lo slogan IL TURISTA È MIO E ME LO GESTISCO IO, messo in atto soprattutto dal ricettivo alberghiero, oggi è diventato un boomerang che rischia di ritorcersi contro il comparto in un momento dove il territorio avrebbe aiutato a rafforzare l’offerta turistica.


Link alle basi dati: https://bit.ly/2Ua00jL

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