Siamo partiti da Covid-19, poi è diventato post-Covid-19. Ora è diventato Fase 1 e poi, forse, Fase 2 nel mentre che la la scienza sta ricercando un rimedio che contrasti il virus.
Se a questo aggiungiamo che la gestione dell’epidemia da parte dello Stato appare in qualche caso opaca e quindi capace di infondere una naturale diffidenza in tanti cittadini che si chiedono se le restrizioni imposte alla Lombardia siano giustificate anche nel resto del territorio nazionale. Siamo diventati un Paese, una Regione, una casa off limit generando una psicosi generalizzata che ci sta portando a guardare tutti con sospetto e a volte in cagnesco nel timore dell’untore sconosciuto.
I numeri che ascoltiamo ogni giorno dalla voce (monotona) di Borrelli non sono più numeri perché non è chiaro come sono raccolti (metodologia) e sono presentati con format poco trasparenti. Tutto questo rafforza il dubbio che sotto sotto ci sia qualcosa da nascondere. E questo non giova alla trasparenza e alla democrazia e alla consapevolezza che ognuno di noi dovrebbe avere soprattutto se è chiamato a scelte responsabili.
Hanno applicato a tutti, indistintamente, l’obbligo del distanziamento sociale con la speranza che questa misura mitighi il numero di persone contagiate e con probabilità che finiscano in ospedale.
Ci hanno detto che dobbiamo fare così perché la salute è il bene più importante che abbiamo. Giusto! Ma allora come riteniamo di avanzare nei prossimi giorni e settimane?
Spero che l’appena nominato Colao individui un mix equilibrato tra la preservazione della salute degli italiani e il loro bisogno di sostenersi lavorando dignitosamente. Penso che non si potrà pretendere ad un popolo di 60 milioni di persone di restare a casa ancora per molto tempo perché mi sembra evidente che altrimenti andiamo incontro a qualcosa di grave e alla fine le norme saranno calpestate e travolte come il coprifuoco in tempo di guerra.
Ci sarà certamente chi, tra i cittadini, farà un mero calcolo di probabilità e alla fine prenderà la decisione che ritiene più giusta per lui. E non sarà un gesto di egoismo ma di disperazione.
Se questo vale per le persone poi bisogna chiederci come si comporteranno gli imprenditori che oltre a dover pensare al loro sostentamento devono anche pensare alla loro impresa che è appunto fonte di reddito che svolge un’azione sociale indispensabile verso i dipendenti e verso lo Stato.
Penso che il Governo ha già messo in conto che intere attività produttive sono destinate a scomparire così come le abbiamo conosciute anche in forza del fatto che la ripresa, se ci sarà, sarà lenta e graduale portando molte imprese a morire per soffocamento esattamente come i pazienti colpiti da Coronavirus.
Anche i segnali che arrivano dall’Europa in merito alle modalità di riapertura delle attività sono molto prudenti e ci fanno pensare che per molto tempo non si potrà contare sugli effetti dell’economia per farci rinvenire da questo shock economico e sociale.
Il TURISTA è bloccato in casa e si alimenta di paure e incertezze per il suo futuro seppur i vari sondaggi ci dicono che non si è spenta la voglia di vacanza. Appunto misurano la voglia!
Senza turisti non ci può essere turismo ecco perché in assenza di un piano di riapertura dichiarato e sostenibile condiviso sia nel nostro Paese che con gli altri Paesi europei non si potrà sperare nella ripresa che se va bene sarà “ripresina” e insufficiente a garantire la sopravvivenza delle imprese turistiche.
Meglio dirlo chiaramente che girarci intorno! Meglio l’amaro della realtà che il miele che condisce l’ipocrisia della comunicazione statale.
Anche l’ipotesi di creare canali di liquidità che indebitano ulteriormente molti imprenditori nel tentativo di mostrarsi comprensivi li trovo pericolosi e comunque senza efficacia rispetto alla realtà presente.
Forse, a questo punto, è meglio fermarsi e utilizzare le garanzie statali per evitare il default delle aziende indebitate creando un percorso a lungo termine che consente all’imprenditore di rivalutare la sua facoltà di fare ancora impresa in questo mutato scenario mondiale del turismo.
L’unico patrimonio che non è stato colpito dalla crisi pandemici per ora, riguarda il nostro know how sul dominio del turismo e la profonda conoscenza delle risorse disponibili nella nostra isola.
Sul tavolo da poker che ci vedrà competere prossimamente dobbiamo calare la carta del valore della competenza e della conoscenza perché è una garanzia migliore, a volte, del patrimonio materiale che a questo punto risulta davvero vulnerabile nel futuro del TURISMO.
E la politica nazionale e locale che cosa sta facendo?
Mi sembra poco e niente dimostrando ancora una volta che è un interlocutore poco preparato e credibile.
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