Ci sono esperienze nel turismo esperienziale che finiscono per rimanere scolpite nella mente in modo indelebile e ti consentono di riscoprire i luoghi delle radici che rimettono al centro l’uomo, il suo ambiente e il rispetto per la comunità che ti aiuta e ti protegge creando un’armonia di valori imprescindibili che ti fanno sentire vivo, utile, felice.
In questi giorni Oliena ci ha regalato un’altra perla pregiata della sua bontà aprendoci la porta di casa Tupponi per mostrarci i valori che alimentano la comunità e che il turismo tour court non riesce, spesso, ad intercettare.
Tzia Giovanna Luigia Tupponi, classe 1931, vive a Oliena in una casa accogliente, posizionata in un vicoletto. L’ingresso adornato da un intreccio di fiori ti accoglie come a indicarti la bellezza dell’anima di questa famiglia che mantiene un rapporto forte con le origini e con la campagna.
Le due figlie, Maria e Carmela Marini, ci accolgono e ci conducono sino alla cucina dove il profumo del sugo in cottura ci stordisce per la sua prelibatezza dal sapore antico.
L’accoglienza è, come si usa da queste parti, straordinaria. La battuta pronta, il sorriso aperto e amorevole accompagnato da uno sguardo fermo che ti inquadra e ti squadra, tzia Giovanna tiene banco con i suoi racconti e risponde con prontezza alle domande sulla sua vita.
“A dieci anni – ci racconta tzia Giovanna - ho abbandonato la scuola e ho iniziato ad aiutare in casa lavorando nei campi di proprietà della famiglia e occupandomi delle faccende domestiche. Ancora giovanissima mi sono sposata. Mio marito faceva il tagliapietra - in olianese picadrederi - e a diciott’anni ho messo alla luce Maria, la prima di sei figli. Purtroppo, una delle mie figlie, insegnante elementare, è morta. Io non ho potuto studiare ma ai miei figli ho cercato di non farle mancare la scuola"
I racconti di come si viveva a Oliena quando tzia Giovanna era piccola ci accompagnano nei ricordi di una comunità che vuole mantenere vive le tradizioni e le sane abitudini che onorano e ravvivano i momenti di festa e di tristezza.
“Mi alzavo alle due di notte per fare il pane carasau. Alle cinque finivamo e poi si andava a lavorare nei campi. Al rientro, per riposarci, lavoravamo di cucito e ricamo.”
E subito la figlia Carmela ci mostra i lavori di ricamo realizzati dalla mamma. Lavori straordinari, eleganti, raffinati e animati da colori vivaci.
“Ora non posso più ricamare perché non ci vedo bene. Mi devo operare di cataratta e anche se sono vecchia confido di poter tornare a lavorare di ricamo”
L’atmosfera si scalda non appena gli chiediamo come trascorre il tempo.
“Ogni giorno mia figlia mi accompagna all’orto di famiglia e anche se mi devo muovere con il bastone e ho un dolore al ginocchio riesco ancora a lavorare la terra. Mi dedico a coltivare le verdure e deve sapere che ne produciamo così tanta che la regaliamo.”
“E lo stesso facciamo con il minestrone.” Ci sorride e prosegue: Ne prepariamo in più e siccome il nostro è più buono lo regaliamo a tante famiglie. Vede la pentola dove stiamo cuocendo il sugo? Ne prepariamo di più di quello che ci serve per noi perché ci piace regalarlo alle persone care.”
Ora vi devo svelare anche un particolare: tzia Giovanna Luigia Tupponi è la zia del mitico Murena.
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