Partiamo dal fatto che non esistono certezze, in questo momento, per la reale ripresa dei collegamenti aerei e navali destinati alla libera circolazione dei passeggeri domestici e internazionali.
Alla luce di questa incertezza, che dipende dai Governi nazionali e, in parte, dagli Enti Locali, regna la totale confusione che affoga in un bicchiere d’acqua le prospettive per questa estate e pone una seria ipoteca anche per l’autunno e inverno prossimo.
Con questo quadro fatto di voci e saliscendi di parole, annunci, comunicati, controcomunicati, bisbiglii, effusioni varie tra la politica e le Conf…, affamate di aiuti economici a fondo perduto, direi che la tavolozza è ricca di colori con predominanza del marrone.
Nei fatti l’industria turistica è in forte crisi perché anch’essa si rifà alle regole della domanda collegata ai turisti che scelgono, nella fattispecie la Sardegna.
Non uso la parola Destinazione perché mi sembra troppo azzardata e fuori luogo visto che negli ultimi trent’anni non si è riusciti a costruire un vero brand coeso e capace di promuovere la nostra isola nella sua interezza. Sono andati avanti i più forti e hanno lasciato indietro i deboli che aspettano il messia chiamato “destagionalizzazione”.
L’industria del turismo è come una torta a più gusti che fanno a gara per inserirsi nella fetta più ricca.
Peccato che lo chef che l’ha confezionata privilegi nel suo pensiero di Sardegna alcune parti e ne trascuri altre che per i turisti e gli stessi operatori del ricettivo sarebbero anche importanti per il loro tornaconto.
Prima del Covid-19 la nostra terra ha mostrato di soffrire di un certo randagismo imprenditoriale e culturale che si è insinuato e radicato sia nelle istituzioni che nelle rappresentanze di categoria favorendo l’espandersi di soggetti “prenditori” delle nostre bellezze balneari al solo scopo di movimentare flussi di cassa fuori dall’isola e senza creare la contaminazione dei valori identitari che ci appartengono quali la storia, le tradizioni enogastronomiche, l’archeologia, la lingua.
Vedo che qualcuno sbandiera gli oltre 15milioni di presenze per affermare il successo dei numeri senza considerare che senza la capacità di venire in contatto con questi turisti si perde il reale valore di scambio con i residenti. Non sono le notti trascorse nelle strutture ricettive che vanno misurate ma il reale valore scambiato che contiene molte altre voci che arricchiscono la Sardegna e fidelizzato il turista.
Si tende a privilegiare il conto economico anziché mettere al centro il valore più importante dell’investimento che dovremmo fare verso gli ospiti elevandoli a frutto principale della nostra azione di sviluppo turistico.
Se cambiamo paradigma e promuoviamo il coinvolgimento dei turisti oltre le manifestazioni folcloriche, che vanno bene ma la Sardegna è qualcosa di più profondo che si afferma anche per la sua unicità storico-archeologica che la rende primate nel Mediterraneo.
Come spesso accade, il turista è guidato forzatamente verso gli ambienti asettici della cultura locale facendogli mancare la possibilità di sviluppare quel seme che nel marketing chiamano membership, far parte di un valore sociale, culturale, ambientale.
Non sono interessato a ricercare le colpe di chi ha saltato questi aspetti strategici anche se oggi stiamo andando alla conta di queste politiche sbagliate, poco lungimiranti, senza visione che hanno arricchito i “prenditori” e lasciato poveri i sardi.
Il turista per anni era considerato importante ma non avevamo capito che era oro e oggi chi lo possiede se lo tiene stretto nel suo forziere digitale utilizzandolo come leva economica e sociale capace di salvare o distruggere una intera economia.
Abbiamo saltato il contatto e la contaminazione culturale tra i residenti e i turisti che andava costruita seguendo i gusti delle varie fette della torta.
Lo dicono anche i numeri. Se mettiamo a confronto i numeri di visitatori dei luoghi della cultura, che offrono uno spaccato unico e certamente senza concorrenti, e il numero di presenze turistiche è evidente che la politica di trasferimento di quello che c’è fuori dalle strutture ricettive non ha funzionato.
In questi decenni non siamo stati capaci di incidere nel valore della presenza dei turisti ampliando perché abbiamo sciupato la possibilità di collegarci e puntando più al ricavo immediato che a quello dell’investimento della cultura con tutto quello che c’è collegato.
Se le responsabilità si dovessero ripartire in base a chi ha goduto di queste presenze il ricettivo alberghiero (stagionale) ne ha ⅔ visto che i numeri certificano questo. D'altronde a riprova di questo basterebbe chiedersi quanto è conosciuta la Sardegna da parte del personale che opera nel ricettivo, compreso il Direttore.
Credo che sia arrivato il momento di andare oltre questo schema di gioco visto che gli ultimi trent’anni hanno certificato il fallimento delle poche politiche del turismo di cui la Regione si è occupata con la complicità di chi ha avuto per primo il vantaggio di conoscere il turismo dopo la nascita della Costa Smeralda.
Oggi più che mai servono leader politici capaci e colti capaci di indirizzare l’azione di sviluppo che appartiene alle imprese e agli imprenditori.
Dobbiamo riuscire a cambiare visione per cambiare metodo e approccio riposizionando gli interlocutori in base al migliore abbinamento che lo chef saprà proporre e tenendo conto che alla fine il giudizio arriverà da parte di chi gusterà la torta.
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