È così che un giorno si è presentato a casa, subdolo e silenzioso, senza bussare.
Non l’abbiamo cercato. Anzi! Siamo stati osservanti dei buoni precetti. Eppure si è presentato e ha preteso ospitalità nei nostri corpi.
Prima con qualche sintomo camuffato da influenza ma poi si è rivelato per quel che era!
Man mano che passano i primi giorni dal contagio ti accorgi che si fanno avanti i sintomi e non ti rimane che accettare questa ingombrante presenza che ti fa stare male, molto male sino a costringerti a ricorrere all’ospedale.
Se i sintomi assomigliano a quelli che raccontano sui media scatta non solo l’isolamento precauzionale ma un vero è proprio confinamento domestico mitigato solo dalla presenza generosa di chi ti vuole bene accudentoti con spirito di solidarietà.
Nel mentre lui continua la sua opera di distruzione e attacca instancabilmente tutto quello che trova nel suo percorso dentro il tuo corpo.
È così che alla fine ti vengono a prendere gli angeli bardati con l’ambulanza. Difficile anche scambiare uno sguardo con loro ma ci sono e senti la loro presenza rassicurante.
Nome, cognome, data di nascita, numero di telefono, rilevazione della temperatura e della saturazione d’ossigeno nel sangue, altre domande, uno scambio veloce e professionale con l’operatore della Centrale operativa e poi si parte verso il Santissima Trinità.
Dopo nove ore di attesa in ambulanza finalmente alle 4 del mattino entri al Pronto soccorso. Il personale che ti assiste ha trascorso con te tutte quelle ore senza mai abbassare la guardia. Emerge tutta la loro umanità nonostante la stanchezza causata da un sistema sanitario collassato su se stesso che abbandona i propri cittadini e il personale medico e infermieristico nella più dura delle trincee.
Che cosa c’è di più brutto per un medico che si accorge che non può rispondere ai bisogni dei suoi cittadini?
Ma il calvario non finisce quando ti ricevono al Pronto soccorso. Ancora bisogna lottare contro il male e contro il disastro organizzativo che è davanti a te.
Un disastro che travolge tutti, medici, infermieri, pazienti che occupano ogni spazio del Pronto soccorso in attesa di essere destinati ad un reparto Covid che arriverà dopo 4 giorni.
Il dramma è tutto lì: nella mancanza di posti letto!
È evidente che non c’è stata una programmazione adeguata e se l’assessore regionale alla sanità si recasse al Pronto soccorso si dovrebbe chiedere dove è stato manchevole oppure che cosa non ha funzionato.
Ritenere che le lamentele dei pazienti nascano da un pensiero politico contrario alla maggioranza del governo regionale non è corretto perché è come buttare la palla in tribuna pur di evitare il confronto e la presa di coscienza anche di eventuali errori da non commettere in futuro.
Per questo ritengo che l’assessore Nieddu dovrebbe guardarsi allo specchio a lungo e riflettere prima di dichiarare che il sistema sanitario sta reggendo. Un po’ di umiltà e chiedere scusa gli consentirebbe di avere il perdono per la situazione in cui ci ha portato sino a far perdere la dignità dei pazienti.
Ora che mia moglie è tornata a casa spero che presto questa storia lasci spazio alla bellezza della vita.
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